Aggressività e il Disturbo Esplosivo Intermittente

Alcuni individui sembrano geneticamente predisposti all’aggressività e alla violenza nelle relazioni, perdendo facilmente il controllo degli impulsi e diventando pericolosi per se stessi e per gli altri.

L’aggressività è un fenomeno complesso, la somma di dinamiche biologiche e psicologiche, che spesso sfuggono da una corretta analisi.

Nonostante esistano numerose definizioni del costrutto “aggressività”, possiamo sintetizzarla come un’intenzionalità comportamentale finalizzata a indurre nell’altra persona danni fisici e psichici.

L’etologo austriaco Konrad Lorenz, riconosceva l’aggressività come un istinto innato, finalizzato alla sopravvivenza e all’adattamento della specie. In particolare lo studioso distingue una forma di aggressività che viene espletata tra specie diverse, mirata a procurarsi cibo e garantirsi l’esistenza.

Lorenz individua anche un’altra forma di aggressività, quella che si attua tra individui della stessa specie, definendola come il vero comportamento aggressivo. Anche secondo Sigmund Freud l’aggressività ha un’origine istintuale, il risultato dell’istinto di morte e dell’istinto di vita, presente in ogni individuo.

Senza analizzare le diverse teorie formulate sull’aggressività, è importante capire quando l’aggressività diventa psicopatologica e non attuata per finalità difensive o di sopravvivenza.

Esiste un particolare disturbo mentale, caratterizzato da aggressività e violenza ingiustificata, definito Disturbo Esplosivo Intermittente (IED). Questo disturbo si manifesta per un’accentuata aggressività, scarso controllo degli impulsi, rabbia, impulsività, reazioni esagerate e sproporzionate rispetto allo stimolo scatenate.

La persona che soffre del disturbo esplosivo intermittente può diventare improvvisamente  conflittuale e violenta, senza un reale motivo. Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali(DSM-5), lo categorizza tra i disturbi dirompenti del controllo degli impulsi e della condotta, definendolo spesso in comorbilità con altre forme di malattia mentale. In particolare chi soffre del disturbo esplosivo intermittente, può manifestare disturbi dell’umore (depressionebipolarismo), una tendenza verso le dipendenze patologiche (abuso di alcoolstupefacenti), entrando in un circolo vizioso, dove un disturbo alimenta e sostiene l’altro, causando una cronicizzazione clinica sempre più importante.

Durante l’episodio aggressivo o prima che si manifesti l’aggressività, la persona affetta dal disturbo esplosivo intermittente è fortemente irascibile, manifesta tremore, rabbia e percepisce un senso di pressione alla testa, il tutto accompagnato da apatia e depressione.

Nonostante gli studi non individuano con esattezza le cause eziologiche del disturbo, la sua genesi è il risultato di fattori ambientali e genetici. La componente genetica e il temperamento aggressivo, associato a fattori famigliari e contestuali (conflittualità famigliare, violenze fisiche e psicologiche, trascuratezza, stili educativi disfunzionali), predispongono il soggetto a sviluppare questo particolare disturbo.

La manifestazione del disturbo esplosivo intermittente si evidenzia soprattutto nella fase adolescenziale o comunque in giovane età, dove la vulnerabilità strutturale della personalità, associata a una la predisposizione genetica, può essere facilmente influenzabile.

Come si manifesta il Disturbo Esplosivo Intermittente?

La persona affetta dal disturbo esplosivo intermittente manifesta reazioni esplosive di rabbia, in modo improvviso e della durata di circa trenta minuti. In alcuni soggetti gli episodi aggressivi possono manifestarsi spesso, mentre in altri insorgono dopo mesi o settimane di non aggressione.

In soggetto prima di una reazione esplosiva, può percepire un forte senso d’irritabilità, formicolio, agitazione motoria, rabbia, affollamento dei pensieri. Tipicamente l’aggressione avviene attraverso colluttazioni verbali e fisiche dirette, ma può manifestarsi anche con danni alla proprietà.La relazione con una persona affetta dal disturbo esplosivo intermittente non è semplice, spesso il soggetto viene etichettato socialmente come una persona perennemente arrabbiata e con un pessimo carattere. Frequenti possono essere i conflitti all’interno della coppia o nel contesto lavorativo, concludendosi con esiti negativi (divorzio, perdita del posto di lavoro). A causa del disturbo il soggetto può incorrere in problematiche legali, conseguenti ad aggressioni, a comportamenti antisociali, alla droga.

La diagnosi necessità di un esame fisico, in cui il medico escluderà problemi fisici o comportamenti derivati dall’assunzione di sostanze, che potrebbero essere la ragione dei sintomi. Esclusi i fattori organici e comportamentali indiretti, si procede con l’esame psicologico, analizzando i sintomi, i pensieri, i sentimenti e le emozioni dominanti. Il professionista (Psicologo o Psichiatra) potrà utilizzare Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), che insieme con altri strumenti clinici, consentirà di formulare un quadro diagnostico.

Il Trattamento del Disturbo Esplosivo Intermittente

Come in tutti i disturbi mentali, non colpevolizzare la persona è alla base per un possibile trattamento, cercando di comprendere, attraverso un approccio empatico, ciò che la persona vive, in termini sintomatologici e di pensiero. La remissione dei sintomi e il miglioramento psicofisico del paziente con disturbo esplosivo intermittente, avviene e necessità di un trattamento psicoterapeutico e di una cura farmacologica.

La psicoterapia cognitivo comportamentale, attraverso sedute individuali o incontri di gruppo, consente di imparare a gestire i pensieri che innescano le reazioni violente, di controllare le risposte comportamentali disfunzionali, di acquisire consapevolezza del processo che è alla base del disturbo e dei modi per affrontarlo. Se il disturbo è persistente e fortemente invalidante, da non offrire uno spazio per la ristrutturazione cognitiva e l’acquisizione di competenze di coping, è necessaria l’assunzione di psicofarmaci – antidepressivi (inibitori della ricaptazione della serotonina, stabilizzatori dell’umore anticonvulsivanti) per alleviare i sintomi e consentire un intervento cognitivo e comportamentale.

La convivenza con una persona affetta dal Disturbo Esplosivo Intermittente

Convivere con una persona che può manifestare reazioni violente per futili motivi, è molto difficile e invalidante psicologicamente, spesso può diventare anche molto pericoloso da un punto di vista fisico.

Vivere perennemente con la paura che il proprio compagno / famigliare possa aggredirci verbalmente o attaccarci fisicamente, causa un forte declino del benessere psicofisico con sintomi d’ansia, depressione, fobia.

La prima cosa da fare è certamente cercare di non entrare in un circolo vizioso disfunzionale, come ad esempio accettare passivamente le aggressioni e le violenze. Solo una persona equilibrata potrà aiutare chi soffre del disturbo esplosivo intermittente, motivandolo a sottoporsi a un trattamento, perché raramente la persona affetta, chiederà autonomamente aiuto a un esperto. Prevenire il proprio benessere e la propria incolumità diventa il primo obiettivo da tenere in mente. Se i sintomi, le reazioni violente o il comportamento in generale sono insostenibili, diventa fondamentale chiedere aiuto alle forze dell’ordine e ai centri antiviolenza.

Come la maggior parte dei disturbi mentali, la gestione non può avvenire in autonomia o unicamente tra le mura domestiche. L’intervento di un esperto e il sostegno del Sistema Sanitario Nazionale è necessario per la cura e la remissione del disturbo esplosivo intermittente.

A cura del Dott. Giorgio SpennatoCentro di Consulenza in Psicologia Clinica

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